Campi del Cilento, il futuro è dei grani antichi
Il recupero dei grani antichi passa anche attraverso la capacità di trasmettere gli elementi che fanno la differenza per la salute, per l’ambiente, per la crescita del territorio. È la riflessione che racchiude gli spunti offerti da “Campi del Cilento – Mietitura 2018”, l’evento organizzato lunedì 23 luglio dall’azienda salernitana Molini Pizzuti – con cinquant’anni di esperienza nella molitura e nella produzione di farine di grano tenero – in collaborazione con il nostro Museo, l’associazione Unisapori, il Crea (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), il Dipartimento di farmacia dell’Università di Salerno, l’Azienda agricola La Petrosa di Ceraso.
La giornata – che rientrava nel calendario di appuntamenti del Festival della Dieta mediterranea di Pioppi – è stata suddivisa in due tappe. La prima, presso l’Azienda agricola La Petrosa di Ceraso, consisteva nella dimostrazione della mietitura di un campo di farro monococco, illustrata dal titolare, Edmondo Soffritti, che ha raccontato l’affascinante processo di mietitura e trebbiatura e le tecniche di conservazione del grano. La seconda tappa è stata il Museo, con la tavola rotonda “I grani antichi del Cilento: un viaggio verso il futuro” e la successiva degustazione di pizza, fusilli felittesi e acquasala cilentana con farine a base di grani antichi Carosella, Senatore Cappelli e Gentil Rosso. Ad accompagnare gli assaggi è stato lo show del Contastorie del Cilento Domenico Monaco. La giornata ha visto la partecipazione di clienti e buyers dei Molini Pizzuti, turisti, giornalisti e blogger, esperti e rappresentanti del settore, tra cui una delegazione dell’Associazione Panificatori della provincia di Salerno.
«Non c’è luogo migliore del Cilento per raccontare come un territorio può rinascere grazie all’agricoltura e alla qualità dei propri prodotti»: così il nostro direttore Valerio Calabrese ha spiegato la scelta di sposare l’iniziativa. A raccontare i grani antichi da un punto di vista scientifico sono state Enrica De Falco, docente del Dipartimento di farmacia dell’Università di Salerno, e Rosa Pepe, agronoma del CreaOrt di Pontecagnano. De Falco ha illustrato le componenti che hanno portato alla sostituzione dei grani antichi con i grani moderni: una maggiore resa produttiva, una resistenza superiore alle avversità climatiche, qualità tecnologiche più adatte alla trasformazione etc. Nonostante ciò, come ha spiegato Pepe, «oggi si stanno rivalutando i grani non manipolati, perché ci si sta rendendo conto che non causano problemi per la salute». Si tratta infatti di grani più leggeri, digeribili e nutrienti. Ma l’agronoma ha precisato: «La biodiversità ha valore solo se realmente si coltiva in un ambiente biodiverso, altrimenti diventa una moda e non una concretezza», e poi ha lanciato anche un appello alla Regione Campania affinché attivi dei corsi specifici per l’osservazione e la sperimentazione in campo, per i quali attualmente è necessario spostarsi fuori regione, un paradosso vista la ricchezza di biodiversità del territorio.
A portare l’esperienza sul campo nella valorizzazione dei grani antichi attraverso il pane è stato Antonio Cera, il “fornaio economista” di San Marco in Lamis (Foggia), che per l’occasione ha ricevuto dal Sindaco di Pollica e dal direttore del Museo il prestigioso riconoscimento di “ambasciatore della Dieta mediterranea nel mondo”. Cera è il fondatore di “Grani Futuri”, un movimento di pensiero e culturale che vuole creare una rete per la diffusione della tradizione del pane secondo criteri di sostenibilità, lotta agli sprechi, biodiversità, racchiusi nel “Manifesto futurista del pane”. «Il pane racconta i popoli come nessun altro prodotto: se in tre anni il 50% dei ristoranti avrà un piatto di pane sarà già un primo successo», ha affermato il fornaio. Hanno portato la propria testimonianza anche Giovanna Voria, altra ambasciatrice della Dieta mediterranea nel mondo e coltivatrice del cece di Cicerale, presidio Slow Food che ha contribuito a salvare dall’oblio; e il giovane pizzaiolo cilentano Antonio Langone che, laureato in Archeologia, oggi coltiva grani antichi nel Vallo di Diano.
“Campi del Cilento – Mietitura 2018” è stata la seconda giornata-evento dedicata dai Molini Pizzuti alla riscoperta dei grani antichi del Cilento. Un’iniziativa che ha fatto da coronamento a un anno di impegno sul tema, attraverso i workshop formativi in giro per il mondo (Londra, Tokyo, Singapore, Bangkok etc.) con maestri pizzaioli, pastai e panettieri; la collaborazione con il laboratorio L’oro di Felitto per la produzione del fusillo felittese con il grano antico Senatore Cappelli; l’ospitalità di due delegazioni straniere, una cinese da Shanghai e una polacca da Varsavia e tanto altro.
«In questo percorso abbiamo scoperto un grande interesse verso i grani cilentani» ha raccontato Giuseppina Di Tore, export manager dei Molini Pizzuti «ma allo stesso tempo sono emersi vari elementi di criticità, come il prezzo troppo alto, la sovraesposizione sui mercati dell’espressione “grani antichi”, la scarsa informazione sui benefici e l’assenza di certificazioni. Questi sono i punti da cui dobbiamo partire». Nonostante gli ostacoli, la convinzione è che si tratti della strada giusta: «Il connubio fra territorio, industria e tradizione è vincente, perché ci rende unici. Per questo abbiamo voluto adottare una strategia di accompagnamento che non comprometta la naturale evoluzione delle realtà presenti sul territorio», ha aggiunto Di Tore.
La sfida è ora quella di riuscire a comunicare il valore aggiunto della scelta dei grani antichi cilentani, giustificando la spesa maggiore, a fronte di un ritorno in termini di salute e tutela della biodiversità, delle tradizioni e dell’economia del territorio.