Meno dieta mediterranea uguale meno longevità
Più cala il consumo degli alimenti della dieta mediterranea più diminuisce la speranza di vita delle persone.
Lo dice un’analisi di Coldiretti, focalizzata sulla spending review degli italiani nel carrello della spesa a partire dal 2008, l’anno di inizio della crisi economica. La sua presentazione è avvenuta in occasione del rapporto Osservasalute 2015, che ha evidenziato per la prima volta la diminuzione dell’aspettativa di vita, che alla nascita risulta di 80,1 anni per gli uomini e 84,7 per le donne. Una riduzione che, per Coldiretti, sarebbe strettamente collegata al cambiamento in negativo delle abitudini alimentari e all’addio alla dieta mediterranea. E la beffa è che la speranza di vita più bassa (78,5 anni per gli uomini e 83,3 per le donne) si registra proprio in Campania. Ovvero la regione che ospita Pollica, la località cilentana considerata la vera patria della dieta mediterranea, in quanto i suoi principi furono lì teorizzati dal biologo statunitense Ancel Keys.
Il crollo più pesante, secondo l’analisi di Coldiretti, lo ha registrato proprio uno dei prodotti simbolo della dieta mediterranea, riconosciuto quale “elisir di lunga vita”. Stiamo parlando dell’olio di oliva, i cui acquisti sono calati del 25%, mentre i consumi a persona sono scesi a 9,6 chili l’anno. Meno della Spagna con i suoi 10,4 chili e della Grecia, che con 16,3 chili guida la classifica.
Ma la flessione della spesa non ha colpito soltanto l’olio. Preoccupante anche il calo che ha interessato frutta e verdura fresca: il loro consumo per persona si è ridotto del 7%, fermandosi a poco più di 130 chili l’anno, cioè all’equivalente di 360 grammi al giorno. Decisamente troppo poco se si pensa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di consumarne almeno 400 grammi. Inoltre questi prodotti che – secondo i dettami della dieta mediterranea – dovrebbero essere presenti in ciascuno dei pasti giornalieri. Mentre in Italia, secondo Coldiretti, solo il 18% della popolazione di età superiore a 3 anni consuma quotidianamente almeno quattro porzioni di frutta e verdura.
Il campanello d’allarme riguarda a sorpresa anche un alimento simbolo del made in Italy nel mondo come la pasta. In questo caso gli italiani ne restano comunque i maggiori consumatori, con un quantitativo di circa 26 kg l’anno a persona, ovvero tre volte superiore a quello di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quello di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quello di un giapponese. È addirittura sceso al minimo storico il consumo del pane, attestatosi su un quantitativo di circa 90 grammi, pari a meno di due fettine di pane al giorno (o due rosette piccole) a persona.
Dall’inizio della crisi a calare è stato anche l’acquisto del vino, con una riduzione del 19 per cento nei consumi, che ora si aggirano complessivamente intorno ai 20,5 milioni di ettolitri. L’Italia è stata così raggiunta sul podio dei principali paesi consumatori mondiali di vino.
Ma – rispetto al trend negativo – il 2015 ha visto una prima confortante inversione di tendenza, con un aumento degli acquisti dei prodotti tipici della dieta mediterranea. È infatti cresciuta la presenza dei seguenti alimenti nel carrello della spesa: pesce (+5%), olio di oliva (+19%), frutta (+5%), ortaggi freschi (+3%) e pasta secca (+1%). E l’auspicio è che questo sia il sintomo di una maggiore consapevolezza del rapporto tra alimentazione e benessere e della necessità di privilegiare dei cibi salutari e uno stile di vita sano, aspetti fondamentali per aumentare la speranza di vita.